Nel settore sportivo l’affidamento di concessioni di costruzoone e gestione tramite Project Financing è stato utlizzato principalmente per le opere cosiddette “calde”, cioè stadi, palazzetti dello sport, e centri natatori. Soprattutto per questi ultimi, che hanno goduto di un periodo piuttosto lungo di indubbia convenienza economica, il ricorso a questa procedura è stato molto utilizzato negli anni dal 2000 al 2008. Purtroppo, la maggior parte di queste esperienze è fallita ed i Comuni si sono trovati nella situazione di dover continuare a pagare le rate dei muti per i quali avevano prestato una garanzia, in molti casi senza nemmeno poter erogare ai propri cittadini il servizio, poichè la piscina è stata sottoposta a sequestro a seguito della procedura fallimentare. (https://www.professioneacqua.it/?s=project)
La situazione oggi, con l’entrata in vigore del D.Lgsl. 50/2016 e con l’attuale quadro economico-finanziario, è profondamente cambiata.
In alcuni casi si guarda ancora al project financing come all’unica possibilità di collaborazione tra ente pubblico e soggetto privato. Le ragioni che spingono le parti al ricorso a questa particolare e complessa procedura sono riconducibili sostanzialmente ad una sola: la possibilità di instaurare un colloquio “privilegiato” tra l’ente ed un soggetto privato predeterminato.
Senza entrare nel merito di questa necessità, che nella maggior parte dei casi non contiene in sè nessun elemento negativo, vediamo quali sono i passi da seguire nel caso in cui si decida di affrontare questo percorso.
Tratteremo, in questo articolo, della procedura prevista dall ‘art. 183. (Finanza di progetto) nei comma 15 e seguenti, cioè della finanza di progetto su proposta dell’operatore economico.
Secondo il comma 15, infatti, gli operatori economici possono presentare alle amministrazioni aggiudicatrici proposte relative alla realizzazione in concessione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità non presenti negli strumenti di programmazione approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente.
La proposta deve contenere
– un progetto di fattibilità;
– una bozza di convenzione:
– il piano economico-finanziario asseverato, che comprende l’importo delle spese sostenute per la predisposizione della proposta;
– la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione.
La proposta è corredata da:
– autodichiarazioni relative al possesso dei requisiti del concessionario;
– cauzione di cui all’articolo 93 (cauzione provvisoria)
– impegno a prestare una cauzione nella misura dell’importo ( rimborso spese del 2.5%) nel caso di indizione di gara.
L’amministrazione aggiudicatrice valuta, entro il termine perentorio di tre mesi, la fattibilità della proposta. A tal fine l’amministrazione aggiudicatrice può invitare il proponente ad apportare al progetto di fattibilità le modifiche necessarie per la sua approvazione. Se il proponente non apporta le modifiche richieste, la proposta non può essere valutata positivamente.
Il progetto di fattibilità, eventualmente modificato, è inserito negli strumenti di programmazione approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente ed è posto in approvazione con le modalità previste per l’approvazione di progetti; il proponente è tenuto ad apportare le eventuali ulteriori modifiche chieste in sede di approvazione del progetto; in difetto, il progetto si intende non approvato.
Il progetto di fattibilità approvato è posto a base di gara, alla quale è invitato il proponente. Nel bando l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere ai concorrenti, compreso il proponente, la presentazione di eventuali varianti al progetto. Nel bando è specificato che il promotore può esercitare il diritto di prelazione.
I concorrenti, compreso il promotore, devono essere in possesso dei requisiti del concessionario e presentare un’offerta contenente:
– una bozza di convenzione;
– il piano economico-finanziario asseverato;
– la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione
– le eventuali varianti al progetto di fattibilità.
Se il promotore non risulta aggiudicatario, può esercitare, entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario se dichiara di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario.
Se il promotore non risulta aggiudicatario e non esercita la prelazione ha diritto al pagamento, a carico dell’aggiudicatario, dell’importo delle spese per la predisposizione della proposta nei limiti del 2.5% dell’investimento.
Se il promotore esercita la prelazione, l’originario aggiudicatario ha diritto al pagamento, a carico del promotore, dell’importo delle spese per la predisposizione dell’offerta nei limiti del 2.5% dell’investimento.
I soggetti che hanno presentato le proposte possono recedere dalla composizione dei proponenti in ogni fase della procedura fino alla pubblicazione del bando di gara purché tale recesso non faccia venir meno la presenza dei requisiti per la qualificazione. In ogni caso, la mancanza dei requisiti in capo a singoli soggetti comporta l’esclusione dei soggetti medesimi senza inficiare la validità della proposta, a condizione che i restanti componenti posseggano i requisiti necessari per la qualificazione.
Quali le criticità di questa procedura?
L’art. 165. (Rischio ed equilibrio economico-finanziario nelle concessioni) e le Linee Guida ANAC n.9 hanno di fatto abolito la possibilità da parte dell’ente pubblico di farsi garanti presso gli enti finanziatori per conto del concessionario. Ciò rende difficilissimo, praticamente impossibile, la bancabilità dei progetti. I soggetti che operano nel settore sportivo, infatti, sono costituiti praticamente sempre sotto forma di società senza scopo di lucro, con un patrimonio ridotto. Il costruttore dell’opera, solitamente più affidabile dal punto di vista finanziario, non ha nessun interesse a rendersi garante di fatto di una parte di attività, cioè quella relativa alla decennale gestione che costituisce la remunerazione dell’investimento, che non conosce e per la quale non ha nessun interesse. Trovare la possibilità di finanziare un opera del costo di qualche milione di euro è quindi estremamente difficile nella grande maggioranza dei casi.
Per quanto riguarda le cauzioni da presentare, il comma 13 dell’Art. 183 recita:
Le offerte sono corredate dalla garanzia di cui all’articolo 93 e da un’ulteriore cauzione fissata dal bando in misura pari al 2,5 per cento del valore dell’investimento, come desumibile dal progetto di fattibilità posto a base di gara. Il soggetto aggiudicatario è tenuto a prestare la cauzione definitiva di cui all’articolo 103. Dalla data di inizio dell’esercizio del servizio, da parte del concessionario è dovuta una cauzione a garanzia delle penali relative al mancato o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla gestione dell’opera, da prestarsi nella misura del 10 per cento del costo annuo operativo di esercizio e con le modalità di cui all’articolo 103; la mancata presentazione di tale cauzione costituisce grave inadempimento contrattuale.
La cauzione provvisoria (art.93) e quella definitiva (art.103) nelle concessioni sono calcolate secondo quanto previsto dall’art. 167:
Il valore di una concessione, ai fini di cui all’articolo 35, è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi.
Nel caso di impianti sportivi complessi, quali ad esempio le piscine coperte, il fatturato annuo può raggiungere (ed in alcuni casi superare) il milione di euro. Affinchè sia giustificato il ricorso ad una procedura di finanza di progetto, che prevede un investimento iniziale da ammortizzare nel tempo, solitamente la concessione supera la durata di venti anni. Si comprende facilmente come sia praticamente impossibile produrre una garanzia ultraventennale di importi superiore al milione di euro per una società che non abbia ingenti risorse economiche proprie, come è molto spesso nel caso delle società che operano nel settore dello sport.
La soluzione non può che andare, nel tempo, nella direzione in cui gli impianti sportivi potenzialmente redditizi verranno gestiti da società che hanno interessi commerciali lontani dalla sfera sociale finora propria dei servizi sportivi: società di costruzione e/o di fornitura di servizi, ad esempio, che per entrare a pieno diritto nella gestione degli impianti sportivi hanno però bisogno di bandi nei quali la parte della esperienza in impianti similari non sia determinante.
E’ necessaria una rivoluzione culturale, che consenta una vera coesistenza di sport e fine di lucro. E’ indispensabile comprendere che costruire e ristrutturare gli impianti sportivi costa, spesso costa molto. Le risorse economiche vanno cercate nelle uniche due direzioni nelle quali è possibile trovarle: tra le risorse proprie dell’ente pubblico oppure tra le risorse interamente private. Che però, se sono private, devono per forza di cose essere veramente ed interamente a scopo di lucro, come è giusto che sia, senza che questo aspetto venga demonizzato o considerato inappropriato.