Note introduttive sul cloro in piscina
L’introduzione del cloro, per la disinfezione dell’acqua destinata all’uso umano, ha costituito, fin dall’inizio del secolo scorso una metodica che ha contribuito in modo rilevante al miglioramento della salute pubblica con la riduzione di epidemie dovute ad agenti patogeni. Negli anni 70 emergono però i problemi derivanti dalla formazione di sottoprodotti del cloro dovuti all’incontro di questo elemento con altre sostanze di derivazione organica. Si elaborarono, quindi, protocolli che tenessero in conto lo sviluppo di alogenati e trialometani e che ne limitassero la loro presenza nelle acque potabili a livelli del tutto residuali.
Nelle piscine trattate con il solo cloro, dove la presenza di questi sottoprodotti raggiunge livelli molto alti e i nuotatori ne sono sottoposti per un tempo molto prolungato, sembra che la questione non abbia creato la stessa attenzione dedicata all’acqua potabile. Se si considera poi che in piscina la presenza dei sottoprodotti del cloro è purtroppo rilevabile anche nell’aria che vi si respira, con ripercussioni negative per lo staff che vi soggiorna per tutta la giornata lavorativa e che ne assorbe quantità spesso maggiori dei nuotatori, la questione appare quasi paradossale.
Purtroppo il pubblico non sembra in grado di prendere iniziative per proteggersi dagli indesiderati disagi della piscina poiché, in larga parte, conosce poco le cause di un fenomeno che lo coinvolge, negativamente, in un ambiente che frequenta invece per il proprio svago e benessere.
Solo da poco la stampa sta proponendo il tema delle piscine gestite con il solo cloro (o bromo) riportando ricerche di varie istituzioni. Nel contesto ha recentemente fatto notizia la decisione di un pediatra del nord’Italia che ha negato il “nullaosta” per una neonata, pur in buone condizioni di salute, che la madre avrebbe voluto portare in piscina.
È il caso di sottolineare che gestori di piscina e altri addetti ai lavori, consapevoli del problema, hanno ormai e non da poco tempo, l’opportunità di porre rimedio alla situazione, ricorrendo a tecnologie risolutive e consolidate, quali ozono e UV, che richiedono oltretutto investimenti veramente modesti. È auspicabile che ci possa essere un incremento delle applicazioni perché il benessere dei frequentatori delle piscine e dei lavoratori del settore possa ricevere, come merita, la massima attenzione e salvaguardia.
Per quanto riguarda gli impianti UV, di cui parliamo più avanti, più semplici ed economici di quelli a ozono, la prima installazione per il trattamento delle acque di piscina è stata realizzata, nel 1993 dall’Hanovia Ltd di Londra, azienda leader del settore, al “Riverside Leisure Centre di Exeter, UK”. A oggi sono più di mille gli impianti UV Hanovia nelle Piscine di tutto il mondo.
Nel 2005 Hanovia ha ottenuto l’autorizzazione del ministero della Sanità francese a distribuire i propri apparati come “decloramminatori” per piscine pubbliche.
In Italia, la tecnologia UV a media pressione, è stata applicata per la prima volta, nel 2001, alla Piscina Pensile del CONI, al Foro Italico di Roma, proprio con un reattore UV Hanovia. A distanza di dieci anni l’impianto è perfettamente funzionante.
Gli impianti UV, a media pressione, migliorano le condizioni ambientali della piscina.
Abbattimento delle cloroammine, disinfezione efficace per microrganismi cloro resistenti, riduzione dei costi di gestione e rapido ritorno dall’investimento, con la tecnologia UV a media pressione, questi gli obiettivi dell’applicazione.
L’impianto UV in piscina si aggiunge al trattamento di disinfezione con il cloro ed è risolutivo senza eseguire altre operazioni. L’installazione è semplice e il reattore s’inserisce nel circuito di ricircolo, dopo i filtri e prima dell’iniezione del disinfettante.
Lo scopo dell’applicazione
In piscina sono rilevabili condizioni ambientali di rischio dovute essenzialmente a:
- Sviluppo di sottoprodotti tossici e nocivi del cloro
- Importante presenza di microrganismi patogeni.
Una risposta esaustiva ed ecologica a questa problematica è offerta dall’impiego di speciali impianti UV a media pressione, gli unici che hanno lampade con emissione policromatica e lunghezze d’onda adatte a eliminare le monoclorammine, le diclorammine e le triclorammine, tutte espressioni del cloro combinato:
- λ 245 nm, attiva per le monocloroammine
- λ 297 nm, attiva per le dicloroammine
- λ 340 nm, attiva per le tricloroammine
λ: lunghezza d’onda; nm: nanometri
Il rischio batteriologico
L’introduzione nell’acqua di una certa quantità di microrganismi patogeni, da parte dei nuotatori, è una circostanza in sostanza inevitabile, anche se sono osservate tutte le prescrizioni o raccomandazioni igieniche, per l’accesso alla vasca natatoria. Il disinfettante residente in vasca (cloro, bromo, ecc.) non sempre riesce ad abbattere efficacemente le colonie batteriche formatesi, poiché è possibile che non abbia sufficiente concentrazione nell’acqua per imperfetta distribuzione nella vasca o altro. La presenza di specie batteriche notoriamente classificate come cloro resistenti (Cryptosporidium parvum e Giardia), inoltre, accresce sensibilmente la pericolosità della contaminazione batteriologica.
Gli UV con tecnologia a media pressione, in piscina, oltre a ridurre ben al disotto dei limiti di legge il valore del cloro combinato, esercitano un’azione di disinfezione rafforzata, ben più efficace del solo cloro, per tutti i microrganismi “tipici” della piscina, tra cui Pseudomonas aeruginosa, Escherichia coli, Shigella, Stafilococchi, Salmonelle. L’efficacia degli UV è dimostrata anche per Cryptosporidium e Giardia sui quali le quantità di cloro ammesse in piscina non hanno alcun effetto (con le concentrazioni usate in piscina, è indicato in circa 7000 ore il tempo di contatto del cloro per il loro abbattimento).
I sottoprodotti tossici e nocivi del cloro.
Il cloro è un disinfettante ad azione lenta, che richiede concentrazioni elevate per esercitare la sua funzione. Nell’acqua della piscina combinandosi con il materiale organico dei bagnanti produce una molecola complessa genericamente indicata come cloro combinato. Questa reazione produce sostanzialmente, in rapida successione, cloroammine, dicloroammine e tricloroammine. Questi composti, oltre che dannosi per i bagnanti e lo staff, corrodono gli apparati elettromeccanici, i sistemi di ventilazione, gli infissi e attaccano finanche le strutture dell’edificio.
Le tricloroammine, industrialmente usate anche per la produzione dei gas “lacrimogeni”, sono la prima causa degli “occhi arrossati” e dello sgradevole odore di “straccio bagnato”. Com’è stato accertato dall’Università di Modena e Reggio Emilia, poi, ben Il 95% della frazione volatile del cloro combinato è costituito dal cloroformio. I ricercatori (Prof.sse Aggazzotti, Fantuzzi e altri), hanno evidenziato che nuotatori abituali di piscine disinfettate con il solo cloro, “espirano” cloroformio fino a due ore dopo la sessione natatoria.
Nella normale gestione della piscina, per cercare di ridurre gli effetti negativi dei sottoprodotti del cloro, si ricorre a consistenti diluizioni giornaliere dell’acqua della vasca, clorazioni shock periodiche, ecc. Purtroppo si tratta di procedure approssimative, messe in atto, il più delle volte con risultati modesti rispetto alle attese, quando i valori del cloro combinato hanno già superato la soglia d’allarme. L’incidenza di tali procedure, però, nella gestione corrente ha costi elevati non recuperabili.
L’azione fotochimica degli UV a media pressione.
Gli UV a media pressione, con il loro effetto fotochimico, dissociano le cloroammine consentendo il ripristino del cloro attivo libero nell’acqua per la disinfezione di base. Il cloro combinato si riduce, conseguentemente, a valori anche del 50% inferiori a quelli prescritti dalle norme di settore che si rifanno all’Atto d’intesa Stato-Regioni del 2003. Questo trattamento ha reso non più indispensabili ricambi d’acqua e clorazioni shock, determinando quindi condizioni di possibile risparmio di acqua, energia e prodotti chimici. Il costo d’investimento di un impianto UV, per la riduzione del cloro combinato, trova ampia compensazione dai vantaggi che consente. Inoltre il tempo per il recupero della spesa, di soli due anni e anche meno, può considerarsi un fattore veramente decisivo a favore dell’investimento, tenuto conto che l’impianto, ben assistito, può durare ben più di vent’anni.
Applicazione per tipologia di piscina
Nella piscina coperta, per la saturazione dell’ambiente, dovuta a un non sempre adeguato ricambio dell’aria, la percezione dei fenomeni dovuti ai composti tossici del cloro che si sviluppano in vasca è più immediata. Proprio per questo, la distruzione del cloro combinato da parte degli UV, anche a bordo vasca, evidenzia la differenza rispetto alla situazione preesistente.
Nelle piscine scoperte i disagi dovuti al cloro combinato si avvertono meno, ma il composto si forma ugualmente agendo essenzialmente sui nuotatori. In questo tipo d’impianti aumentano, inoltre, i fattori di rischio legati all’inquinamento batteriologico, in modo speciale di Cryptosporidium e Giardia, poiché sono più alte le possibilità di contaminazione dell’acqua, a causa di questi microrganismi portati dal vento e dalle deiezioni dei volatili e altri animali. Grazie poi alla dissociazione del cloro combinato attuato dagli UV, la “perdita” di cloro dovuta all’irradiazione solare, è sensibilmente ridotta eliminando spesso la necessità d’utilizzo in vasca dei costosi isocianurati, usati proprio per stabilizzare il cloro in presenza del sole.
La selezione dell’impianto UV
Per la disinfezione dell’acqua destinata all’uso umano, comprese le acque di balneazione, è in genere applicata una Dose UV di almeno 30 mJ/cm2 (dove per Dose s’intende l’energia UV irradiata per il tempo cui ne è esposto il microrganismo trasportato dall’acqua).
Negli impianti UV applicati alle piscine, con lo scopo primario di ridurre il cloro combinato a valori in linea con le leggi vigenti (in realtà si ottengono di solito valori del 50% inferiori), la Dose UV impiegata è di almeno 60 mJ/cm2, doppia di quella richiesta per la disinfezione. Questo permette un abbattimento batteriologico molto più efficace rispetto a quella possibile con l’impiego del solo cloro, particolarmente come detto per le specie cloro-resistenti.
Per il raggiungimento di un risultato ambientale di massimo benessere per i nuotatori e lo staff si tratta il flusso d’acqua complessivo gestito dalle pompe. Questa soluzione eviterà la colonizzazione batterica, a valle degli UV, possibile con una derivazione parziale (by-pass) del flusso.
Schema idraulico tipico di piscina con inserimento d’impianto UV.
Il ritorno dall’investimento in una piscina con vasca da 25 metri.
Nella normale gestione della vasca, per attenersi ai parametri dell’Atto d’Intesa e così cercare di assicurare alla clientela e al proprio staff, le migliori condizioni ambientali possibili, il gestore della piscina, se non ha installato un impianto UV a media pressione, dovrà operare in modo “tradizionale”. Questo significa che è costretto a cambiare giornalmente una certa quantità d’acqua, fare clorazioni shock periodiche, ecc. Tutte operazioni che spesso non sono sufficienti a risolvere il problema e che sono causa di spese a fondo perduto, anche importanti.
Per una piscina da 25 m, con un volume d’acqua di circa di 600 m3, i costi di gestione derivanti dall’impianto UV, tra aggiunte e detrazioni al bilancio consueto, potrebbero avere questi valori:
In aggiunta:
Energia elettrica e ricambio periodico della lampada
|
In detrazione:
Mancata immissione di almeno 30 m3 di acqua per giorno e relativo riscaldamento (€ 3,00 per m3)
|
Il minor consumo di Prodotti Chimici, inoltre, sarà determinato dal fatto che non sono più necessarie le clorazioni shock (20 volte il tasso di cloro abituale) per ridurre il cloro combinato, non verrà gettata via con l’acqua anche la quantità dei diversi prodotti chimici che contiene e che con gli UV il cloro libero in vasca può essere tenuto spesso al limite inferiore delle concentrazioni ammesse (0,7-0,8 mg/l).
Applicazione UV alla Piscina pensile del CONI al Foro Italico in Roma- Flusso trattato 130 m3/h
Andamento tipico del cloro combinato in vasca prima e dopo l’attivazione di un impianto UV a media pressione.
Meno Cloro, Più Sicurezza & Benessere!
I risultati che si possono ottenere in piscina con l’impiego dei sistemi UV a media pressione, che possiamo definire, trasponendo dal linguaggio anglosassone, “portatori di pace della mente”, sono in definitiva cosi riassumibili:
- gestione igienico-sanitaria della piscina più facile: si abbattono le clorammine e si ha una disinfezione più efficace anche per i microrganismi cloro resistenti.
- cambiamento radicale, nella qualità dell’acqua e dell’aria, che determina una condizione dell’ambiente piscina del tutto nuova, immediatamente percepibile dal pubblico e spendibile in migliore “soddisfazione del cliente” (mai più occhi rossi!).
- la gestione degli UV ha sostituito, nella maggior parte degli impianti natatori così attrezzati, i costi abitualmente necessari per tenere sotto controllo il processo con pratiche tradizionali, ricordiamolo, spesso non risolutive (diluizioni, clorazioni shock, ecc.).