Decreto Legislativo n. 81/08 ha dedicato numerose disposizioni alla gestione degli obblighi di salute e sicurezza in caso di inserimento all’interno dell’organizzazione di lavoratori che operano con contratti atipici.
Gli obblighi prevenzionali in materia di somministrazione di lavoro (il vecchio lavoro interinale) sono attualmente regolati dall’articolo 3 del testo unico, che prevede al comma 5 che “nell’ipotesi di prestatori di lavoro nell’ambito di un contratto di somministrazione di lavoro di cui agli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, fermo restando quanto specificamente previsto dal comma 5 dell’articolo 23 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione di cui al presente decreto sono a carico dell’utilizzatore”.
L’espressione “fermo restando quanto specificamente previsto dal comma 5 dell’articolo 23 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003” fa riferimento agli obblighi di informazione e formazione generale che restano in capo al somministratore, il quale, a tenore della norma, “informa i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività produttive in generale e li forma e addestra all’uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento della attività lavorativa per la quale essi vengono assunti in conformità alle disposizioni recate dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni.
Il contratto di somministrazione può prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall’utilizzatore; in tale caso ne va fatta indicazione nel contratto con il lavoratore.
Nel caso in cui le mansioni cui è adibito il prestatore di lavoro richiedano una sorveglianza medica speciale o comportino rischi specifici, l’utilizzatore ne informa il lavoratore conformemente a quanto previsto dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni [ora D.Lgs. 81/08, cfr. nota 2, n.d.r]. L’utilizzatore osserva altresì, nei confronti del medesimo prestatore, tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti ed è responsabile per la violazione degli obblighi di sicurezza individuati dalla legge e dai contratti collettivi.
E’ bene distinguere chiaramente e non confondere la somministrazione di lavoro con la somministrazione (di cose) citata nella rubrica e nei commi 1 e 5 dell’art. 26 (“obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione”): il comma 5 dell’art. 26 richiama infatti espressamente la somministrazione prevista e regolata dall’art. 1559 del codice civile e ivi definita come il “contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, ad eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose”.
Il lavoratore somministrato non beneficia del regime predisposto dall’art. 26 bensì beneficia di un regime ben più ampio e tutelativo, in quanto deve essere destinatario di “tutti gli obblighi di prevenzione e protezione di cui al presente decreto [che] sono a carico dell’utilizzatore” (art. 3 c. 5 T.U.), fermo restando, come già detto, che ai sensi dell’art. 23 c. 5 D.Lgs. 276/03, richiamato da tale norma, “l’utilizzatore osserva altresì, nei confronti del medesimo prestatore, tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti” (di diverso avviso invece le Linee di indirizzo della Regione Lombardia per la redazione del Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Inteferenza [D.G.R. 14521 del 29 dicembre 2009, cfr. in particolare Allegato IV]).
In ordine all’applicazione delle regole sul computo dei lavoratori (ai fini delle varie soglie numeriche individuate dalla legge, dalle quali vengono fatti discendere svariati obblighi quali quello del SPP interno, della riunione periodica annuale, o la facoltà del datore di lavoro di svolgere direttamente le funzioni di RSPP etc.), l’art. 4 comma 2 dispone che “i lavoratori utilizzati mediante somministrazione di lavoro ai sensi degli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e i lavoratori assunti a tempo parziale ai sensi del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, e successive modificazioni, si computano sulla base del numero di ore di lavoro effettivamente prestato nell’arco di un semestre.”
Ai sensi dell’art. 37 c. 4 D.Lgs. 81/08, poi, “la formazione e, ove previsto, l’addestramento specifico devono avvenire in occasione:
a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.”
Disciplina analoga a quella predisposta per la somministrazione è prevista per il distacco, che si configura quando “un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa” (art. 30 D.Lgs. 276/2003).
In termini di ripartizione degli obblighi prevenzionali, esso è regolato dall’art. 3 comma 6 del D.Lgs. 81/08 che prevede che “nell’ipotesi di distacco del lavoratore di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a carico del distaccatario, fatto salvo l’obbligo a carico del distaccante di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egli viene distaccato.
Per il personale delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che presta servizio con rapporto di dipendenza funzionale presso altre amministrazioni pubbliche, organi o autorità nazionali, gli obblighi di cui al presente decreto sono a carico del datore di lavoro designato dall’amministrazione, organo o autorità ospitante.”
Una recente sentenza della Cassazione Lavoro (Cass. Civ., Sez. Lav., 11 gennaio 2010 n. 215) si è occupata delle responsabilità del distaccante (in termini civilistici) per il fatto illecito compiuto dal proprio dipendente verso terzi, giudicando la responsabilità di una società di costruzioni per l’infortunio causato – quale concausa – dal lavoratore che essa aveva distaccato presso un’altra società, per non avere quegli usato la necessaria diligenza e cautela nel movimentare la pesante gru – escavatrice che aveva travolto l’infortunato.
La Suprema Corte si è così pronunciata: “Sebbene, infatti, nella pronuncia della corte veneta (la Corte d’Appello di Venezia, che aveva accolto il ricorso dell’INAIL, n.d.r.) si faccia sol incidentalmente riferimento alla previsione dell’art. 2049 c.c., non vi è dubbio che tale previsione costituisca di per sé ragione sufficiente per l’accoglimento della domanda proposta nei confronti della società ricorrente.
Basta, al riguardo, richiamare il principio, affermato da tempo nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, per cui la norma in questione, al pari di quella prevista dall’art. 1228 c.c., individua nel nostro ordinamento una ipotesi di responsabilità oggettiva, indipendente, cioè, dalla colpa del soggetto responsabile, sicché il dolo o la colpa vanno valutati con riferimento al sol fatto dell’ausiliario, e non al comportamento del debitore.
Si tratta di una forma di responsabilità per la quale la dottrina e la giurisprudenza parlano da tempo di una presunzione assoluta di colpa e la cui giustificazione viene essenzialmente rinvenuta nella teoria del rischio di impresa, come principio generale, parallelo alla colpa, di imputazione della responsabilità: espressione, in altri termini, di un criterio obiettivo di allocazione dei rischi, per il quale i danni cagionati dal dipendente sono posti a carico dell’impresa, come componente dei costi di questa”.
E la Corte prosegue: “Tale principio risulta adeguatamente richiamabile, ad avviso di questa Corte, anche nel caso di distacco del dipendente presso altra organizzazione aziendale, tenuto conto dei requisiti individuati dalla giurisprudenza (ancor prima della codificazione dell’istituto ad opera del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 30) a giustificazione di questa peculiare forma di dissociazione fra la titolarità del rapporto di lavoro (che permane il capo al soggetto distaccante) e il destinatario della relativa prestazione (che diviene l’imprenditore distaccatario)”.
Viene così stabilita “la ritenuta responsabilità della società ricorrente, alla luce del principio già evidenziato che, in caso di distacco del dipendente presso altra organizzazione aziendale, il datore di lavoro distaccante, in capo al quale permane la titolarità del rapporto di lavoro, è tenuto a rispondere, ai sensi dell’art. 2049 c.c., dei fatti illeciti commessi dal dipendente distaccato, per presupporre il distacco uno specifico interesse del datore di lavoro all’esecuzione della prestazione presso il terzo con conseguente permanenza della responsabilità, in virtù del principio del rischio d’impresa, per i fatti illeciti derivanti dallo svolgimento della prestazione stessa.”
Passando a prendere in esame il tema della sorveglianza sanitaria, è stato autorevolmente osservato che “il D.Lgs. n. 81/2008 ha rafforzato le tutele, non solo per quanto riguarda il tradizionale rapporto di lavoro subordinato “monogamico”, ossia tra due soli soggetti dei quali il datore di lavoro è, a un tempo, titolare del rapporto e utilizzatore della prestazione lavorativa, ma anche per quanto riguarda i rapporti atipici triangolari, caratterizzati dallo svolgersi alle dipendenze di un datore di lavoro e sotto la direzione di un altro secondo quello che può definirsi ormai il modello della subordinazione dissociata […].
Pertanto, in queste fattispecie il D.Lgs. n. 81/2008 ha affermato chiaramente il principio generale in base al quale è il soggetto utilizzatore che è tenuto ad attuare la sorveglianza sanitaria, attraverso il proprio medico competente, anche nei confronti di quei lavoratori che svolgono la propria attività nell’azienda ma che sono lavoratori dipendenti di un terzo datore di lavoro. E’ il caso del lavoratore distaccato (si veda l’art. 3, comma 6, D.Lgs. n. 81/2008) e di quello utilizzato in base a un contratto di somministrazione di lavoro, a tempo determinato o indeterminato (cosiddetto staff leasing) ai sensi degli artt. 20 e seguenti D.Lgs. n. 276/2003.
In entrambi i casi, infatti, il datore del lavoratore è rispettivamente l’agenzia di lavoro e il distaccante ma tutti gli obblighi di prevenzione e di protezione, sia pur con qualche marginale adattamento, gravano sul datore di lavoro dell’impresa utilizzatrice o sul distaccatario.” (Prof. Mario Gallo, 2010).
Viene poi più avanti sottolineata dallo stesso autore la non applicabilità del regime delle visite preassuntive ai rapporti di somministrazione di lavoro e distacco, trattandosi di situazioni nelle quali l’assunzione del lavoratore in sostanza è già avvenuta (tra il distaccante/Agenzia del Lavoro e il lavoratore distaccato/somministrato) per cui non è possibile per il datore di lavoro utilizzatore o distaccatario, che ovviamente resta il soggetto deputato a svolgere la sorveglianza sanitaria ma che non è l’“assuntore” del lavoratore, effettuare la visita in fase preassuntiva.
Pur non avendo quegli tale facoltà, resta inteso che su di lui grava comunque l’obbligo di effettuare la visita preventiva prima dell’adibizione alla mansione come da regime ordinario.
In pratica, quando l’utilizzatore prende in carico il lavoratore nella sua azienda (e ciò vale anche per il distacco), questi è già stato assunto dall’Agenzia per il lavoro, il tutto secondo il seguente rapporto giuridico “triangolare”:
- Agenzia per il lavoro (“somministratore”)-lavoratore (“somministrato”): contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato.
- Agenzia per il lavoro (“somministratore”)-azienda (“utilizzatore”): contratto di “somministrazione” (art. 20 D.Lgs. 276/03).
- Utilizzatore-lavoratore: una forma di avvalimento, di utilizzazione ammessa e regolata dalla legge che prevede in capo al datore di lavoro utilizzatore una posizione di garanzia nei confronti del lavoratore assimilabile a quella di un vero e proprio datore di lavoro, per tutto quanto ricade nel principio di effettività.
In tema di valutazione dei rischi, l’art. 28 del D.Lgs. 81/08 richiede ormai, a seguito delle integrazioni apportate a tale norma da parte del decreto correttivo n. 106/2009, che all’interno del documento di valutazione dei rischi siano valutati i rischi connessi alla “tipologia contrattuale” con cui i lavoratori sono legati all’organizzazione.
E’ interessante collegare tale previsione anche a quella che prevede l’obbligo di valutare lo stress lavoro-correlato (nei termini e modalità indicate dal comma 1-bis aggiunto all’art. 28 T.U. aggiunto dal decreto correttivo).
In tale senso, la Guida Operativa del Coordinamento Tecnico Interregionale del marzo 2010 sulla Valutazione e Gestione del Rischio da Stress lavoro-correlato richiama a più riprese questo collegamento, ovvero la relazione che può sussistere tra precarietà dei rapporti di lavoro/contratti atipici quali ad esempio la somministrazione di lavoro e dall’altra parte lo stress lavoro-correlato, come risulta dall’estratto che segue:
“E’ altamente probabile che il fenomeno [dello stress lavoro-correlato] aumenti in futuro, a causa di alcuni cambiamenti in corso del mondo del lavoro. Studi in questo senso della “European Agency for Safety and Health at work” hanno individuato cinque aree di variabili che rendono emergenti i rischi psicosociali”, di cui la prima citata è quella che fa riferimento all’“utilizzo di nuove forme di contratti di lavoro (contratti precari) e l’incertezza e l’insicurezza del lavoro stesso (scarsità di lavoro)”.
E ancora, si legge nella Guida Operativa: “D’altra parte, la rilevanza del rischio stress lavoro-correlato è ancor più evidente se si considera che lo stesso agisce anche come modulatore dei rischi tradizionali (agenti chimici, fisici ecc.) aggravandone gli affetti. A tal proposito possono risultare anche molto rilevanti negli effetti le differenze individuali di genere, età, estrazione culturale e tipologia contrattuale”.
Anna Guardavilla
leggi l’articolo in versione originale alla pagina http://www.puntosicuro.it/italian/index.php?VM=articolo&IA=9915