Articolo del Avv. Gianluca Riolfo
Con il “contratto di rete” il legislatore italiano (unico, per ora, nel panorama internazionale) si propone di dare veste giuridica ad un fenomeno economico noto già da molti anni: quello dell’aggregazione tra piccole e medie imprese finalizzato alla crescita della competitività e della forza di penetrazione sul mercato delle singole aziende collegate.
Nell’intento di valorizzare forme aggregative tra piccole e medie imprese, il contratto di rete consente alle imprese di collaborare tra loro pur mantenendo la loro individualità e autonomia per tutto quanto riguarda il loro operare all’esterno della rete.
Le forme di collaborazione possono essere le più varie (e sono individuate in concreto nel contratto stesso) e ciò che maggiormente rileva è il fatto di potersi presentare quale gruppo unitario verso il cliente o il committente. Con ciò (in vari settori ed in particolare per quello della costruzione e gestione di impianti sportivi e natatori) si potrebbe evitare il ricorso al subappalto o a forme aggregative in alcuni casi più complesse (quali consorzi e associazioni temporanee di imprese) [Si consideri che nel Codice degli Appalti, sia versione 2006 che 2016, le reti di imprese sono tra i soggetti ammessi a partecipare ad appalti pubblici].
Nella disciplina del contratto di rete forte è l’impressione di lacunosità ed imprecisione della scarna regolamentazione. D’altra parte alcuni commentatori ritengono che ciò attribuisca al dettato normativo una elasticità o, meglio, una flessibilità che potrebbe effettivamente rivelarsi utile per la costruzione di modelli contrattuali più adatti alle esigenze concrete e pratiche delle diverse imprese e, quindi, delle diverse tipologie di reti.
Il tutto è accentuato dalle continue modifiche ed integrazioni della disciplina legale che nell’ultimo quinquennio si sono succedute, accavallandosi una all’altra e stratificando la regolamentazione iniziale [La modifica più recente, tra l’altro estremamente significativa, è stata introdotta dall’art. 17 della l. n. 154 del 28 luglio 2016].
Si possono avere reti meramente contrattuali oppure organizzative; reti senza soggettività o con soggettività giuridica e, forse, anche reti-società; reti con o senza fondo comune; reti in cui è presente un organo comune, il quale agisce in rappresentanza dei singoli aderenti, oppure prive di un organo comune e così via. Ognuna di queste varianti (riferite alla sola struttura della rete) poi si combina con ulteriori possibili previsioni e variabili del contratto (tipologia dell’attività svolta dalla rete e dagli aderenti, rapporti tra gli aderenti – che possono essere di natura verticale, o gerarchica, oppure orizzontale e tendenzialmente paritaria –, programma di rete, durata, modalità di entrata e di uscita – rete aperta o chiusa -, natura degli apporti al fondo comune, ecc.), ferma restando la presenza, quale elemento ineliminabile ed ineludibile di ogni concreto contratto di rete, di un preciso scopo perseguito dagli aderenti con la stipula dello stesso: “accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato”.
Va rilevata la quasi totale mancanza di coordinamento del nuovo contratto con altre discipline presenti nel nostro ordinamento: così, se il legislatore si è preoccupato di introdurre richiami alle reti per quel che riguarda la possibilità delle stesse di partecipare ad appalti pubblici oppure con riferimento all’ipotesi del distacco di lavoratori da un’impresa ad un’altra all’interno di una rete, nulla si dice circa il coordinamento con normative che possono avere stretti legami con il contratto di rete (si pensi alla sub-fornitura, piuttosto che al franchising) o che comunque riguardano più in generale l’impresa, proprio come la disciplina del fallimento.
Il legislatore italiano introduce il “contratto di rete” nel 2009 con la legge n° 33 (di conversione del d.l. n° 5/2009) recante “misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi”, all’art. 3, comma 4-ter e seguenti, successivamente modificato, nell’ordine, dall’articolo 1, legge n° 99 del 23 luglio 2009; dall’art. 42 della n° 122 del 30 luglio 2010; dall’art. 45 del decreto legge n° 83 del 22 giugno 2012, convertito (con modificazioni) nella legge 7 agosto 2012, n° 134; dall’articolo 36, commi 4, 4-bis e 5-bis, del decreto-legge n° 179 del 2012, convertito dalla legge n° 221 del 17 dicembre 2012; dall’art. 17 della l. n° 154 del 28 luglio 2016.
Nella sostanza, e all’esito dei sopra indicati interventi legislativi, oggi con il contratto di rete:
* due o più imprenditori [resta non risolta la questione se anche soggetti non imprenditoriali – professionisti, enti pubblici economici, enti di ricerca e simili – possano prendere parte ad un contratto di rete assieme ad imprenditori; mentre si tende ad escludere che il contratto di rete possa essere stipulato da due o più professionisti], allo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e competitività su mercato, si obbligano a collaborare in forme ed ambiti predeterminati relativi alle attività di ciascuna propria impresa, oppure a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica, oppure ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa.
* lo scopo perseguito deve trovare esplicazione operativa in un “programma di rete” in cui vanno indicati in dettaglio le ragioni della collaborazione (qualunque forma essa assuma). In particolare, nel programma di rete devono indicarsi (oltre alla precisa esplicazione dell’attività della rete) i diritti e gli obblighi assunti da ciascun retista, le modalità di realizzazione dello scopo comune e, laddove sia costituito, la misura ed i criteri di valutazione degli apporti iniziali [impropriamente chiamati dalla legge “conferimenti”: non vi è attinenza tra gli apporti al fondo comune della rete ed i conferimenti effettuati in caso di società] e degli eventuali contributi successivi che vanno a costituire il “fondo comune”, nonché le regole di gestione del fondo stesso.
* con previsione separata dalla precedente, nel contratto di rete si devono anche indicare gli obiettivi strategici di innovazione ed innalzamento della capacità competitiva dei singoli retisti, nonché le modalità di misurazione dell’avanzamento del perseguimento di tali obiettivi. Queste modalità sono individuate e concordate dai retisti: quindi hanno una valenza meramente interna.
* il contratto può prevedere [si tratta di elementi accessori e non necessari: proprio la presenza o mancanza delle previsioni indicate di seguito consente una sorta di personalizzazione del contratto in modo da renderlo il più aderente possibile alle concrete esigenze operative dei retisti] un fondo patrimoniale comune e un organo gestorio che operi in nome e per conto dei partecipanti (a cui attribuire il compito di dare esecuzione al contratto di rete o ad alcune sue fasi). Le possibili soluzioni sono: rete con fondo e organo comune; rete con fondo ma senza organo comune; rete senza fondo ma con organo comune; rete priva di fondo ed organo comune. Si noti come dar vita al fondo comune e nominare un organo comune non comporta l’acquisto della soggettività da parte della rete [si tratta di scelta che i retisti devono fare espressamente. La rete con soggettività si avvicina notevolmente ai tipi delle società di capitali].
* laddove si preveda il fondo e l’organo comune al primo si applicano alcune delle disposizioni che valgono per il fondo consortile (artt. 2614 e 2615, comma 2, c.c.), con la precisazione che per le obbligazioni contratte dai retisti o dall’organo comune, e relative alla realizzazione ed esecuzione del programma di rete, risponde esclusivamente il fondo comune. Per quanto attiene all’organo comune (in presenza di una rete priva di personalità giuridica), lo stesso agisce in rappresentanza degli imprenditori partecipanti al contratto, salvo diversa previsione. Nella sostanza, quindi, è possibile attribuire all’organo comune il potere di agire in nome e per conto dei retisti (ed in tal caso lo stesso funge da mero “filtro” di situazioni giuridiche che interessano direttamente – e pro quota – ciascun singolo retista) oppure rendere lo stesso organo comune un mandatario senza rappresentanza (pertanto l’organo opererebbe in nome proprio ma per conto dei singoli retisti, con ogni conseguenza di legge derivante da una tale configurazione).
* altri elementi da inserire nel contratto di rete:
– nome, ditta, ragione o denominazione sociale di ogni partecipante alla rete (sia originario che intervenuto successivamente);
– denominazione e sede della rete quando è istituito il fondo patrimoniale comune (denominazione e sede sono sempre necessari per la rete con soggettività);
– dove istituito il fondo comune, le regole di gestione dello stesso [con la modifica introdotta nel luglio del 2016, solo le reti con soggettività sono tenute a redigere annualmente una situazione contabile – bilancio – della rete, mentre le reti-contratto non hanno alcun obbligo di rendicontazione annuale];
– durata del contratto di rete, modalità di adesione di nuovi imprenditori (salvo che non si preveda l’impossibilità di una adesione successiva), eventuali cause facoltative di recesso anticipato e le modalità di esercizio di tale diritto;
– regole per l’assunzione delle decisioni dei partecipanti su ogni materia o aspetto di interesse comune che non sia di competenza dell’eventuale organo comune (quindi materie diverse dalla gestione della rete [per altro nel contratto di rete è ovviamente possibile regolamentare il funzionamento dell’organo comune, soprattutto laddove sia composto da diversi soggetti]);
– laddove prevista la modificabilità a maggioranza del programma di rete, le regole per l’assunzione delle decisioni di modifica del suddetto programma.
* il contratto di rete va iscritto nella sezione del Registro Imprese presso cui è iscritto ciascun imprenditore partecipante; può essere redatto per atto pubblico, scrittura privata autenticata o firmato digitalmente da ciascun partecipante dotato di firma elettronica. L’efficacia del contratto verso i terzi decorre dall’ultima delle iscrizioni prescritte dalla legge. Le modifiche del contratto possono invece essere redatte e depositate anche da uno solo dei retisti, presso il Registro Imprese in cui lo stesso risulta iscritto: sarà poi tale Ufficio e comunicare agli (eventuali) altri Uffici le modifiche intervenute.
Se alla rete si fa acquisire soggettività giuridica (che è poi una vera e propria personalità) tale opzione deve risultare dal contratto stesso; la rete deve avere una sede ed una denominazione (e quindi un fondo comune) e il contratto deve essere redatto per atto pubblico, scrittura privata autenticata o con firma digitale del notaio. In tal caso l’unica iscrizione richiesta è quella presso il Registro Imprese del circondario ove è stata fissata la sede della rete. In caso di rete-soggetto, la stessa è tenuta a redigere un bilancio/rendiconto annuale nel rispetto delle norme che dettano la disciplina del bilancio nelle società per azioni.
In conclusione, al di là delle possibili molteplici varianti che può assumere la rete, un dato pare risultare inequivocabile: la creazione di un fondo patrimoniale, sia pure di ammontare esiguo, consente di limitare le pretese creditorie di terzi per obbligazioni assunte dall’organo comune (in proprio o in nome dei retisti) in esecuzione del programma di rete al solo fondo comune. L’attuale consistenza di quest’ultimo, oggi, potrebbe anche non essere nota i creditori considerato che solo le reti-soggetto sono tenute alla redazione di un bilancio annuale.
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