Forse non ce n’era bisogno, ma è arrivato questo decreto a complicare lo scenario delle acque di scarico delle piscine.
Si tratta di un decreto il cui ambito di applicazione sono le PMI, cioè le piccole e medie imprese, in specifico imprese per le quali:
- il numero di dipendenti sia meno di 250 per le medie, meno di 50 per le piccole e meno di 10 per le micro imprese
- l’ammontare del fatturato annuo sia non superiore a 50 milioni di euro per le medie, 10 milioni di euro per le piccole e 2 milioni di euro per le micro o, in alternativa, il totale del bilancio (attivo patrimoniale) sia non superiore a 43 milioni di euro per le medie, 10 milioni di euro per le piccole
Limitatamente a questo ambito di applicazione, il decreto contiene due semplificazioni, quella relativa alle acque di scarico e quella relativa all’impatto acustico. In questo articolo ci occuperemo delle acque di scarico.
La novità più importante è l’assimilazione delle acque di scarico delle piscine alle acque domestiche, che consente una serie di semplificazioni in termini di autorizzazioni, nonchè un notevole alleggerimento delle sanzioni e delle tariffe.
Il DPR stabilisce però, tra le attività rientranti in quelle i cui scarichi sono assimilabili alle domestiche (punto 19 tabella 2 allegato A):
Piscine – Stabilimenti idropinici ed idrotermali, escluse le acque di contro lavaggio dei filtri non preventivamente trattate.
Ora, a parte il fatto che questo decreto non si riferisce a TUTTE le piscine, ma solamente a quelle che costituiscono una attività produttiva di una PMI, quindi per intenderci a quelle gestite da aziende, resta il quesito principale: come si deve trattare l’acqua di controlavaggio?
Così come stabilisce lo stesso decreto, le acque di scarico devono comunque rispettare i limiti imposti dal Codice dell’Ambiente, il D.lgs. 152/2006, successivamente infinitamente modificato.
Riportiamo integralmente l’unico articolo al riguardo:
Art. 2 Criteri di assimilazione alle acque reflue domestiche
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 101 e dall’Allegato 5 alla Parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono assimilate alle acque reflue domestiche:
a) le acque che prima di ogni trattamento depurativo presentano le caratteristiche qualitative e quantitative di cui alla tabella 1 dell’Allegato A;
b) le acque reflue provenienti da insediamenti in cui si svolgono attivita’ di produzione di beni e prestazione di servizi i cui scarichi terminali provengono esclusivamente da servizi igienici, cucine e mense;
c) le acque reflue provenienti dalle categorie di attivita’ elencate nella tabella 2 dell’Allegato A, con le limitazioni indicate nella stessa tabella.
2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 101, comma 7, lettera e), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in assenza di disciplina regionale si applicano i criteri di assimilazione di cui al comma 1.
Pare quindi chiaro che:
- le acque di scarico delle piscine devono comunque rispettare le caratteristiche previste dal D.lgs. 152/06;
- limitatamente alle piscine che costituiscono una attività produttiva per una PMI, le acque della piscina stessa sono assimilate alle acque domestiche;
- l’acqua di controlavaggio non è assimillata alle acque domestiche, a meno che non sia preventivamente trattata.
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